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martedì 18 ottobre 2011

Il Talismano degli Antichi

Secondo capitolo dell'avventura di Lamiroth, scritta per i Mondi incrociati di Alfonso Zarbo qualche tempo fa. Se vi è piaciuto il primo racconto, continuate a leggere. Nel frattempo, io scrivo... 
Ci sono molte avventure dentro a questa storia!!! 
E chissà, magari qualche editore web nauta potrebbe essere curioso di sapere come va a finire...




«Questa è la mia missione, capitano. Hai compiuto egregiamente la tua, portandomi qua. Adesso tocca a me.» Dal tono della voce, il ragazzo non ammetteva repliche.
Da quando la Veela aveva gettato l’ancora nella baia e la scialuppa aveva raggiunto la spiaggia dorata, non avevano fatto altro che discuterne: Gareth non voleva lasciare che Lamiroth si avventurasse da solo sull’isola; il principe del Regno Sabbioso, invece, pretendeva il contrario.
Il capitano della Veela fissò il giovane, serio. «Sembri sicuro di te.»
Lamiroth annuì. «Fidati. Mi basteranno un paio di giorni al massimo. Quest’isola non sembra così grande.»
Dopo avergli lanciato un’occhiata assai espressiva, Gareth gli afferrò il polso, nel saluto tipico della gente del Regno Sabbioso. «Ti aspetteremo ormeggiati nella baia. La Veela sarà pronta a riportarti a casa con il tuo prezioso bottino.»
Il giovane ricambiò la stretta. «Due giorni, Gareth.» Lo fissò con i profondi occhi scuri. «Se all’alba del terzo giorno non sarò tornato, la Veela riprenderà il mare.»
Il capitano aggrottò la fronte. «Non ho intenzione di lasciarti qui. Non lo farò.»
Lamiroth sorrise e i denti bianchissimi scintillarono nel volto abbronzato. «È un ordine. Ricordati che sono io a pagare questo viaggio.» Un’insolita serietà risuonò improvvisa nella sua voce. «Mia madre dovrà saperlo, se fallirò.»
Gareth chinò il capo con un sospiro, sconfitto. «D’accordo: farò come desideri.»
Il ragazzo prese la faretra che uno dei marinai gli porgeva e se la mise in spalla, poi afferrò l’arco leggero.
«So difendermi, lo sai.» Detto ciò, rivolse un rapido saluto agli uomini della Veela e si allontanò verso gli alberi.

La foresta si protendeva verso il mare, estendendosi fitta e scura fino a dove lo sguardo riusciva ad arrivare.
Lamiroth mise anche l’arco in spalla, preparandosi a estrarre la spada. Se non fosse stato sicuro di trovarsi in tutt’altra parte del mondo, avrebbe pensato di essere rimasto intrappolato nell’antica foresta di Eled’hum. Alberi così fitti e maestosi si trovavano solo nel regno degli Elfi.
Non ne aveva mai incontrati, se si escludeva lo strano viandante che poche settimane prima aveva chiesto a sua madre il permesso di attraversare il Regno Sabbioso. Strane creature, gli elfi. Così formali, così eterei, eppure duri come l’acciaio. Non amavano mischiarsi agli altri popoli e conservavano antiche e complesse tradizioni.
El’hedryn era stato il primo da cui avevano sentito parlare della nube scura di malvagità che si stava propagando da sud. Una nube foriera di male e follia, che forse il talismano degli Antichi poteva disperdere.
“Forse.” Lamiroth non era nemmeno sicuro che il misterioso oggetto esistesse. Gli oracoli avevano profetizzato che soltanto quella cosa misteriosa avrebbe potuto salvare il Regno Sabbioso, e forse l’intera Obscura Vastus, dall’ondata di malvagità che stava per abbattersi sul mondo.
Non sapeva cosa lo aspettasse all’interno di quell’intricata boscaglia. I sapienti di Città Azzurra avevano visto qualcosa nelle vasche di acqua consacrata in cui erano soliti leggere il destino. Sembrava un uovo, ma non somigliava a quelli dei draghi né di nessun’altra creatura conosciuta. Liscio, lucente, multicolore… i riflessi cangianti della visione erano ancora impressi nella sua memoria. Dunque, sapeva cosa cercare, anche se non aveva la minima idea di come quell’oggetto avrebbe potuto essere usato per respingere l’ondata dilagante di malvagità che si stava diffondendo.
Riflettendo in questo modo era giunto al limite della foresta. Si volse a lanciare un ultimo sguardo agli uomini della Veela, poi sfoderò la spada e s’incamminò tra i cespugli, abbandonando la spiaggia assolata per inoltrarsi audacemente nel cuore del bosco.
L’interno dell’isola era straordinario almeno quanto il mare che la circondava. Lamiroth avvertiva una strana eccitazione, nonostante il nervosismo. Aveva superato indenne il Mare delle Illusioni e raggiunto le Isole Perdute, che non comparivano più su nessuna mappa da secoli. Inoltre, se le profezie erano attendibili, la sua ricerca era giunta quasi al termine. Tutti ottimi motivi per tenere alto il morale, si convinse.
Gettò uno sguardo nelle ombre verdi della foresta lussureggiante. Un labirinto frondoso lo invitava ad avanzare, come se un incantesimo avvolgesse il sentiero che conduceva attraverso la foresta rigogliosa.
«Coraggio, Lamiroth. Ce l’hai quasi fatta» parlò ad alta voce, per farsi coraggio, e gli alberi parvero echeggiare le sue parole.
Solo dopo diverso tempo si rese conto che avanzava, ma il sentiero sembrava protendersi in un cerchio infinito che lo conduceva sempre nel medesimo punto della selva, come se gli alberi stessi tentassero di allontanarlo da ciò che stava cercando.
Si fermò, incerto. Non poteva permettersi di fallire: il destino del Regno Sabbioso era nelle sue mani! Respirò profondamente.
“Niente fretta” si disse, osservando con attenzione ciò che lo circondava.
Era un posto incredibile, eppure quella bellezza pareva rifiutarlo. Il sole aveva appena raggiunto il punto della sua massima altezza e lui si trovava esattamente nel luogo da cui era partito. Faceva molto caldo. Considerò per un istante l’idea di abbandonare il sentiero, ma gli tornarono in mente le parole di El’hedryn.
«Molte cose pericolose si nascondono nell’isola. Se resti sul sentiero, nulla ti farà del male.»
Tornò a guardarsi intorno. La foresta sembrava chiudersi su di lui. Al suo passaggio, fiori di una bellezza minacciosa e bizzarra lo sfioravano, tentandolo con acute fragranze. Foglie sopra la sua testa bisbigliavano al soffio caldo del vento.
Con il cuore martellante nel petto, affrettò il passo, avvolto dai rumori del bosco, finché il sentiero si aprì su un largo spiazzo. Trattenendo il respiro, si arrestò.
Davanti a lui, il cielo sormontava come un enorme arco blu il mare aperto e una piccola spiaggia di sottile sabbia bianca, incorniciata da rupi frastagliate.
«Cammina lungo la spiaggia» aveva detto El’hedryn. «Quando verrà il momento, capirai di aver raggiunto la meta.»
Ancora dubitava di riuscire a trovare il talismano affidandosi alle indicazioni dell’elfo, tuttavia rivolse il viso al vento e cominciò a camminare. In fondo aveva dubitato persino di riuscire a superare il Mare Notturno e di trovare le Isole Perdute.
Trascorse molto tempo prima che terminasse di percorrere l’intera spiaggia e giungesse alla punta, dove la sabbia lasciava il posto a una minacciosa scogliera di pietra scura. Lanciò uno sguardo indietro, verso il sentiero che sbucava ben visibile dal fitto intrico della foresta per assicurarsi di riuscire a ritrovare la strada, poi proseguì, avventurandosi cautamente sugli scogli. Il sole era caldo e non c’erano suoni, tranne i gabbiani, l’acqua e il vento.
La sua attenzione fu attratta da una fessura che si apriva nella parete di roccia, poco più in basso. Si calò nella rientranza e trovò la via sbarrata da una grata di ferro che aveva l’aria di essere lì da secoli. Afferrò la sbarra e tentò di rimuoverla. Niente da fare: era incassata profondamente nella pietra. Il giovane si avvicinò per guardare dentro e non vide altro che una caverna angusta timidamente illuminata da quei pochi raggi di sole che riuscivano a raggiungerne l’interno.
All’improvviso qualcosa in fondo alla grotta brillò. Incuriosito, Lamiroth afferrò le sbarre cercando di individuare la fonte dello scintillio. L’emozione gli spezzò il respiro mentre realizzava che i riflessi cangianti erano esattamente gli stessi che aveva visto nelle vasche dei sapienti.
“Ce l’ho fatta!”
Tentò nuovamente di rimuovere la grata, ma riuscì solo a graffiarsi le mani. Deciso a non mollare, s’inginocchiò, ripulendo il pavimento intorno al punto in cui le sbarre erano infisse nel terreno. Estrasse il coltello che portava fissato alla coscia e iniziò a grattare la pietra.
Quasi non si accorse che il sole aveva cominciato a declinare, accingendosi a tuffarsi lentamente nel mare. Aveva le mani scorticate a sangue, ma dopo l’ennesimo tentativo, finalmente la grata si mosse, premiando i suoi sforzi. Stridendo e raschiando contro la pietra, l’inferriata scivolò fuori dalla sua sede. Lamiroth la gettò di lato, facendola rimbalzare sul pavimento con un sordo suono metallico.
Cautamente, avanzò verso il talismano, adagiato nella cavità di una roccia.
Le sfumature di colore che si riflettevano cangianti sulle pareti della grotta gli ricordarono un arcobaleno. Sfiorò l’oggetto con la punta delle dita. Era freddo, al tatto, e liscio come il marmo.
«Sembra proprio un uovo» mormorò, prendendolo delicatamente tra le mani e sollevandolo, constatando con sorpresa quanto fosse leggero.
Fu un istante. Qualcosa esplose nella sua testa, mentre ogni fibra del suo corpo parve accendersi di fuoco.
La creatura all’interno dell’uovo, la sua essenza, parve fondersi con la sua anima.
Stordito, riuscì a poggiare di nuovo l’oggetto sulla roccia e indietreggiò, cadde sul pavimento e giacque ansimando.
Nulla nella sua vita l’aveva mai preparato a quell’esperienza. Ciò che aveva scorto per un breve momento andava al di là di ogni conoscenza. Incredulo, posò di nuovo lo sguardo sul talismano. Gli Antichi l’avevano nascosta per secoli e ora lui poteva vederla con chiarezza: tutta l’essenza del suo cuore immortale era contenuto in quel guscio multicolore. Il talismano destinato a salvare il mondo non era un oggetto.
“Una fenice…” Lamiroth sentì le lacrime salirgli agli occhi, sentendosi piccolo e vulnerabile davanti a quella creatura leggendaria, fatta di fuoco e di luce. Ormai era sicuro che avrebbero potuto ricacciare indietro l’oscurità dilagante su Obscura Vastus.
Con uno sforzo enorme, si rialzò, si tolse la camicia e l’avvolse intorno all’uovo.
«Andiamo» disse piano. «La Veela ci aspetta.»
Con il talismano stretto al petto uscì dalla grotta, avviandosi deciso verso il sentiero che lo avrebbe riportato alla nave.
Il mondo, adesso, aveva una speranza.



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