Intervista con...
LAURA BUFFA
Terza ospite dell'appuntamento settimanale con gli
autori pubblicati da La Mela Avvelenata è la giovanissima Laura Buffa. Vediamo cos'ha da raccontarci.
D: Domanda d’obbligo
per riscaldare l’ambiente: chi è Laura Buffa?
Un’instancabile sognatrice che vorrebbe visitare il
Giappone. Mi piace indossare abiti color pastello, ma cerco tutto ciò che è
dark e spaventoso nei libri e nei film. Amo leggere, scrivere e disegnare.
Leggo più volte gli stessi volumi di Naruto
di Masashi Kishimoto e ho una cotta per il personaggio di Jack di The Nightmare before Christamas da
quando avevo cinque anni. Se dovessi presentarmi sul serio, allora direi di
essere una studentessa universitaria che frequenta il corso di Lettere Moderne.
Oltre allo studio, collaboro con il sito Fantasy Magazine e con Fralerighe che
mi hanno dato l’opportunità di conoscere meglio il mondo del genere fantasy
attraverso articoli, spunti e recensioni.
D: Il lavoro di uno
scrittore è fatto di molte cose, non sempre è facile e di sicuro non è mai
“leggero”. Cosa significa per te scrivere? Come nascono le idee per i tuoi
romanzi/racconti?
Partiamo dal presupposto che secondo me tutti possono
scrivere; basta una penna e un quaderno. Anzi, adesso abbiamo i PC, quindi è
ancora più semplice. Ma non tutti sanno raccontare;
alcuni non ne sono proprio capaci. Per me il lavoro dello scrittore è quello di
raccontare, e raccontare una storia non è sempre facile perché a volte metti in
gioco te stesso e i tuoi sentimenti. Ricordo di aver letto da qualche parte la
citazione di un autore che affermava che uno scrittore deve avere alle spalle
un passato difficile (non voglio appropriarmi di questa riflessione, purtroppo
non ricordo chi sia l’autore), perché bisogna avere qualcosa da raccontare per
scrivere una bella storia. Fatta questa piccola premessa, dico che “scrivere” per
me significa trasmettere un’emozione al lettore attraverso una storia che vale
la pena leggere almeno una volta o attraverso un personaggio di cui è difficile
scordarsi. Quando abbozzo la trama di una storia miro a questo, elaboro lo
scenario giusto per poter rappresentare le mie emozioni, le mie riflessioni.
Dopo aver trovato tutto l’occorrente nella mia testa, desidero solo che ogni
pezzo del puzzle si incastri bene nell’insieme e che non lasci spazi vuoti; per
spiegarmi meglio, lavoro molto sull’intreccio perché desidero che ogni parte
della mia storia abbia a sua volta una sua storia,
una spiegazione “plausibile” (o quasi) che si possa collegare al resto del
romanzo. Cerco di non lasciare dei punti in sospeso perché, da lettrice, amo le
storie che non sono lasciate “al caso”.
Le idee per i miei romanzi nascono per caso; mi è capitato
di avere in mente una trama per un mio lavoro dopo aver chiacchierato con amici
e altre volte mi sono ritrovata a disegnare un personaggio durante la lezione
di chimica, alle scuole superiori. Di solito elaboro una trama unendo più
punti, magari vengo ispirata da una parola chiave e cerco di ricollegare dei
simboli mitologici ad essa; ho sempre davanti a me l’immagine di un mosaico
colorato, quando parlo del mio modo di scrivere. Ad esempio, nel caso de Gli ultimi giorni del Corvo ho iniziato
a pensare alla storia ponendomi diverse domande, fra cui “perché questi poeti
vengono chiamati maledetti?”, e da lì ho continuato a farmi domande fino a che
non ho trovato le risposte che cercavo.
D: Essendo una
grafomane, sono molto curiosa di sapere quanti altri autori usano i mezzi
“tradizionali”, almeno nella prima stesura. Tu come scrivi: carta e penna o
direttamente al pc? Ascolti musica per calarti nelle atmosfere della tua opera
o preferisci il silenzio? E soprattutto, fai una scaletta prima di iniziare o
scrivi “a braccio”?
Scrivo da quando frequentavo le elementari e già da allora
amavo prendere appunti sui quaderni. All’inizio scrivevo i miei romanzi
direttamente su carta, poi, con il tempo, ho trovato una tecnica che adopero
tuttora, una sorta di “via di mezzo”; prima di iniziare una storia (che sia un
romanzo o un racconto) scrivo tutto ciò che mi passa per la testa (note, trame,
descrizioni dei personaggi, appunti e correzioni) su un quaderno. Quando ho
tempo, solitamente, procedo in questa maniera; finito di scrivere il romanzo,
stampo per poi rileggere il tutto e, nel frattempo, segno gli errori da
correggere e le modifiche da apportare; durante la seconda e terza stesura al
PC del medesimo romanzo, prendo come punto di riferimento ciò che ho scritto
sulla copia di carta. Amo scrivere di pomeriggio e soprattutto di notte, perché
adoro il silenzio. Al contrario, quando leggo e revisiono un lavoro a volte
metto una colonna sonora di sottofondo.
D: Quali sono i tuoi
generi e i tuoi autori preferiti? C’è qualche scrittore (o qualche libro) in
particolare che ti ha “cambiato la vita”?
Leggo di tutto, ma a essere sincera quando entro in una
libreria mi reco immediatamente nel reparto dedicato al genere Fantasy; sto
amando molto i sottogeneri urban, dark, distopico, ucronico e horror. Fantasy a
parte, mi piacciono i romanzi ambientati in Oriente. Ultimamente sto cercando anche
di leggere i classici. I miei autori preferiti sono Melissa de la Cruz, Catherine
Banner, Cecilia Randall, Neil Gaiman e, ovviamente, autori del passato come
Edgar Allan Poe e C. S. Lewis, mi piacciono anche le poesie di Baudelaire. C’è
una scrittrice che mi ha cambiato la vita, J. K. Rowling. Il primo romanzo
fantasy che ho letto faceva parte della saga di Harry Potter, prima di allora
non avevo letto alcun Fantasy (se mettiamo da parte gli albi a fumetto, le
W.I.T.C.H. e le fiabe che mi aveva passato mia madre) e solo così ho capito che
mi sarebbe piaciuto fare la scrittrice. Ma c’è un altro autore/regista che ha
influito molto sul percorso che ho voluto intraprendere. Nei miei primi anni di
scrittura mi sono ispirata alle storie di J. K. Rowling e di C. S. Lewis, ma
sentivo che nelle mie storie mancava qualcosa; e grazie a Tim Burton ho capito
cosa.
Ho sempre avuto un
debole per i cattivi e per le storie macabre. Non so spiegare il perché, ma da
bambina ero rimasta affascinata dal personaggio di Jack. All’epoca ero troppo
piccola per capire che quel film d’animazione nascondeva un lavoro
straordinario dietro le quinte ed ero perfino troppo piccola per pronunciare il
titolo completo del film, che abbreviavo con “la cassetta con lo scheletro”.
Con gli anni ho capito che le mie storie, per appartenermi completamente,
avevano bisogno di quel tocco dark in più; non importa quanto potesse essere
strano scrivere qualcosa riguardante la morte, i fantasmi o altro.
Continuavo a ripetermi che era ciò che volevo; in fondo… si
scrive quel che si vorrebbe leggere.
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D: Progetti letterari (e non solo) futuri.
Ho molti progetti letterari in mente, ma non ho niente di
certo. Posso solo dirvi che sto lavorando alla prima stesura del sequel de Gli Ultimi giorni del Corvo e aspetto
risposte per un racconto dark/thriller autoconclusivo e per due lavori urban fantasy
ambientati in Italia.
D: Per concludere, una
citazione dal tuo romanzo/racconto pubblicato con La Mela Avvelenata.
Mi viene in mente una frase che ho
scritto con il cuore in mano, in un momento difficile della mia vita. Una frase
che potrebbe rispecchiarsi con lo stato d’animo di uno dei miei personaggi nel
racconto Gli ultimi giorni del Corvo.
“[…] Non poteva deluderlo. Forse questo
pensiero era l’unico modo che aveva per continuare a vivere in un mondo che non
le apparteneva più, in un mondo infame che le aveva portato via tutto quanto.
Forse soltanto così non si sarebbe arresa davanti alla morte.”
D: Grazie per essere
stata qui. Appuntamento alla prossima settimana con Weekly Apple #4. Chi sarà il
prossimo ospite?
Intanto, visitate il sito della Mela Avvelenata: basterà cliccare sull'immagine qua sotto!