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giovedì 10 gennaio 2013

La centesima pagina





 
Capì che sarebbe stata una follia dormire in un luogo simile. Tirò fuori le armi e si appostò in un angolo dietro la porta. Se volevano fargli del male, avrebbe venduto cara la vita.
Il rumore di molti passi, il chi-va-là della sentinella e la parola d'ordine risuonarono sopra di lui, lungo il cammino di ronda. Stavano facendo il cambio della guardia.
Proprio in quel momento udì graffiare alla porta della camera, il rumore divenne più forte, poi qualcuno bisbigliò: "Dick, Dick sono io".
Corse alla porta, tirò il catenaccio e fece entrare Matcham.
Era pallidissimo: teneva una lanterna in una mano e un pugnale sguainato nell'altra.
"Chiudi la porta", sussurrò. "Svelto, Dick! Questa casa è piena di spie: sento i loro passi che mi seguono per i corridoi; le sento respirare dietro gli arazzi."
"Be', calmati", rispose Dick; "è chiusa. Per adesso siamo al sicuro, se mai può esserci sicurezza tra queste mura. Ma sono contento di rivederti. Accidenti, ragazzo, ti credevo spacciato. Dov'eri nascosto?"
"Non importa", rispose Matcham. "Adesso che siamo di nuovo insieme, non importa. Ma hai aperto gli occhi, Dick? Sai cosa faranno domani?"
"No. Cosa faranno?"
"Domani o stanotte, non lo so, ma, prima o dopo, hanno deciso di toglierti di mezzo. Ne ho avuto la prova. Li ho sentiti sussurrare; anzi, me l'hanno praticamente detto."
"Dunque, è così? Me l'ero immaginato."

Robert Louis Stevenson, La Freccia Nera, 1883
      

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